Lo scopo dell’educazione
è quello di trasformare
gli specchi in finestre
S. J. Harris
Il coraggio di educare
Il 5 ottobre è stata definita come la giornata mondiale dell’insegnante. Si è sentito poco o niente di questa “festa”.
Come professionista vorrei esprimere il mio pensiero. Al momento penso sia ancora più difficoltoso, vista l’emergenza al quale siamo stati chiamati a fronteggiare attualmente. Ma indipendentemente dal covid-19, ancora oggi possiamo rilevare aspetti sempre presenti da analizzare.
Innanzitutto credo sia importante individuare, tra i comportamenti e i valori legati a un tempo, a una cultura, a contesti sociali tramontati e a quelli di un tempo presente sempre in evoluzione.
Ogni educatore si deve adeguare COSTRUTTIVAMENTE al presente.
E deve avere capacità di discernimento, andare oltre fasi, capace di individuare gli elementi positivi e potenziarli.
L’educatore deve lasciarsi formare dalle situazioni, deve cioè saper imparare, aprendosi al nuovo senza nessuna riluttanza.
Ciascun insegnante dovrebbe rinunciare a focalizzare l’attenzione su un modello già definito e stimolare l’avvio, nella profondità di chi gli sta di fronte, di un processo di cui non può conoscere completamente gli esiti, perché si affidano alla libertà dell’educando.
Quando parlo di libertà, non mi riferisco alla pura e semplice capacità di esercitare il proprio libero arbitrio.
Da questo punto di vista il compito dell’insegnante è aiutare con tatto e rispetto le persone a tornare ad una sfera più nascosta, spesso confuse e distratte dalla fretta, hanno smarrito memoria.
Educare significa insegnare a lasciarsi sorprendere dalla diversità senza rifiutare e senza tentare di ridurla ai propri schemi.
Significa insegnare a collaborare, sostenersi nel cercare INSIEME IL BENE COMUNE.
Per cooperare occorre comunicare. Si comunica in diversi modi. Bisogna rispettare l’autonomia di ciascuno, il diritto di fare le proprie valutazioni secondo le proprie predisposizioni e i propri interessi, insegnando il rischio delle scelte.
Per un altro verso, però è rilevante fare comprendere all’educando che egli sarà veramente libero solo se non si chiuderà nella propria ottica, ma sarà capace di aprirsi agli altri, e scoprire anche se stesso.
La reazione più diffusa è quella di riversare la responsabilità di questa epoca sulle nuove generazioni.
Quante volte sentiamo nei diversi ambiti (famiglia, scuola ed extra scuola) lamentarsi del fatto che ai loro sforzi non corrispondono risultati adeguati perché, dietro a una manifesta ricezione di contenuti offerti, si alza una barriera di lontananza e indifferenza?
Domanda: Il problema sono davvero solo i giovani? I giovani sono lo specchio, a volte esasperato, di un ambiente in cui li si fa germogliare.
I loro gesti, le loro credenze, i loro dubbi, sono il riflesso di quello dei “grandi”.
Molto spesso lo smarrimento dei giovani è un prolungamento del nostro, abbiamo impressione che faticosamente potremo prepararli a scoprire un equilibrio di cui noi stessi ci sentiamo inadeguati.
Ecco perché IL CORAGGIO DI EDUCARE: l’impegno educativo postula un impegno per identificare ciò che è veramente essenziale e per differenziarlo da ciò che non lo è.
E dinanzi a certi atteggiamenti, viene naturale chiedersi quale ruolo svolgono le istituzioni educative che dovrebbero garantire continuità.
#Bepositive: sviluppare tutto ciò che è possibile comprendere, accettando di rimettersi in discussione
Grazie
ClaudiaSun